Bufale online, cosa ci spinge a condividerle

Gli autori di un articolo pubblicato sulla rivista PNAS (The Proceedings of the National Academy of Sciences) si sono recentemente chiesti quale sia il ruolo dei social media nella diffusione di bufale online e che cosa alimenti in generale la diffusione delle fake news. Sorprendentemente, a pesare non sono solo una mancata capacità critica, o l’esistenza di pregiudizi di parte, ma sono soprattutto l’abitudine alla condivisione e la gratificazione che ne deriva.
Lo studio, condotto da un team della Yale University e della University of Southern California, ha coinvolto poco meno di 2.500 utenti Facebook, esaminandone il comportamento di fronte a notizie vere e false. E’ emerso che in molti casi gli utenti condividevano i contenuti per reazione automatica ai suggerimenti della piattaforma, in quanto quest’ultima invita alla condivisione e “premia” l’interazione con meccanismi di popolarità derivati dai likes. Tutto ciò indipendentemente dal contenuto, dalla veridicità o dalle conseguenze.
Inoltre, le persone che si impegnano maggiormente in questo comportamento (i cosiddetti “condivisori abituali“) sembrano essere eccessivamente attive sui social, e sono loro i diretti responsabili di una parte significativa di bufale su questi canali: nell’indagine infatti, un 30-40% delle notizie false è stato diffuso dal 15% degli utenti più attivi.

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