Autostima e cervello, binomio perfetto

Alla fine del 2018, la Renming University, in Cina, ha condotto un interessante studio per comprendere la relazione tra ippocampo e autostima, la quale può essere spiegata grazie alla connessione con un’altra struttura: l’amigdala. Questa piccola area del sistema limbico è nota per evocare sentimenti di paura, allarme e minaccia. L’ippocampo invece è fondamentale nel consolidamento del senso d’identità, nell’immagazzinamento dei ricordi e nella creazione di una “storia interna” in base a come ci vediamo e a come parliamo di noi stessi. Nel caso in cui l’autostima sia scarsa e si abbiano ricordi traumatici, questa struttura cerebrale sembra addirittura avere dimensioni ridotte. Pertanto, solo quando l’amigdala funziona normalmente, l’ippocampo può svolgere le sue funzioni correttamente. Sebbene esistesse già una letteratura riguardante questo legame, i ricercatori hanno avviato uno studio per ottenere più dati. E’ stata quindi eseguita una risonanza magnetica su un ampio campione di popolazione e a tutte le persone coinvolte nello studio è stata applicata la scala dell’autostima di Rosenberg. Successivamente, sempre mediante risonanza magnetica è stato misurato il volume dell’ippocampo. E’ stato così possibile confermare che gli individui con alta autostima presentavano un ippocampo più grande e dotato di più estese connessioni neuronali.
Con l’aggiunta di un terzo fattore, l’attività fisica, questo dato è diventato ancora più evidente: le persone che praticano sport, hanno una visione ottimistica della vita e sono dotati di forte autostima presentano un ippocampo molto più voluminoso e sviluppato rispetto ai soggetti sedentari e con scarsa autostima.

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